Comunicato: Solidarietà a Paola Caruso da Re:fusi, coordinamento giornalisti freelance del Veneto
Paola Caruso è da tre giorni in sciopero della fame per protestare contro la propria condizione di collaboratrice freelance del Corriere della Sera, senza tutele e soprattutto senza uno straccio di certezza per il suo futuro.
Il Direttivo di Refusi, coordinamento dei giornalisti freelance del Veneto, esprime la massima solidarietà a una collega che ha scelto un modo estremo per dare voce a un malessere che è diffusissimo fra i giornalisti che, come noi, collaborano da anni con quotidiani, periodici, televisioni e siti web, percependo compensi bassissimi per il loro lavoro, senza alcuna tutela per malattia o maternità, senza ferie, senza prospettive concrete di assunzione e molte volte senza sapere come arrivare a fine mese.
Refusi, coordinamento nato nel 2009 in Veneto, raccoglie oltre duecento adesioni. Ma sono solo una piccola parte dei precari del giornalismo. I dati dell’Inpgi parlano chiaro: in Veneto nel 2010, su 2393 giornalisti attivi (che versano contributi), solo 753 hanno un contratto da dipendente, mentre 1640, ben oltre il doppio, è con contratti “autonomi”: co.co.co, partite iva, prestazioni “occasionali” di nome e quotidiane di fatto.
Un giornalista dipendente ha un reddito annuo medio di 59445 euro. Un co.co.co. arriva in media a 7489 euro, un libero professionista a 9031 euro (i dati completi si possono scaricare da qui).
Un collaboratore di un quotidiano – lo dicono la nostra esperienza e i dati di un questionario effettuato fra i nostri aderenti – può dirsi fortunato quando per un articolo “di apertura” gli vengono corrisposti 25 euro lordi. In molte testate le tariffe scendono anche sotto i 10 euro ad articolo. Ovviamente spese escluse e senza tenere alcun conto del tempo richiesto da quel lavoro, dei possibili problemi in cui si può incorrere utilizzando mezzi propri per gli spostamenti né, tanto meno, del tempo trascorso al telefono per completare le informazioni
Non conosciamo personalmente Paola, ma ci sentiamo vicini a lei perché viviamo la stessa realtà quotidiana. Non chiediamo la sua assunzione. Non pensiamo che il suo sia un caso individuale, né che la “concessione” a lei di un contratto sarebbe da considerare una vittoria.
Come spiega lei stessa sul suo blog: «Nel mondo della comunicazione sono bruciata. Se nessuno ha mai fatto un gesto come il mio è perché nessuno è disposto a pagare un prezzo troppo alto».
Sappiamo quanto sia difficile far emergere la condizione di sfruttamento che viviamo. I nostri stessi giornali “censurano” le nostre proteste, salvo casi eclatanti. Per ottenere qualche trafiletto sulla stampa locale, qualche mese fa, come Refusi abbiamo dovuto metterci letteralmente in mutande a due passi dal ponte di Rialto, a Venezia.
Proprio perché il gesto di Paola Caruso è estremo pensiamo sia doveroso, da parte nostra, provare a dare ancora più forza alla sua voce lanciando insieme al suo grido quello dell’intera categoria.
Chi in queste ore parla di “meritocrazia” e si riferisce a Paola Caruso come a una che sogna il posto fisso e non ha capito le “regole del gioco”, finge di non vedere una cosa ormai evidente: le regole sono da tempo truccate. La condizione economica di troppi di noi è al di sotto della soglia minima che permette di fare questo mestiere, così delicato e fondamentale per la crescita democratica di un paese, con dignità.
Non chiediamo il posto fisso, pretendiamo che sia data a chi da anni fa il giornalista freelance la possibilità di vivere decorosamente con il proprio lavoro.
Aumento sostanzioso delle tariffe, tutele per la malattia e la maternità, rimborsi spese, riconoscimento dell’apporto di chi collabora da anni con una testata con un contratto che preveda un fisso mensile per un minimo di articoli e non più il pagamento a cottimo. E qualche garanzia di stabilità: non è accettabile che chi assicura pagine e pagine nei nostri giornali possa essere messo alla porta da un giorno all’altro, magari per un’antipatia o un articolo sgradito a qualcuno.
Questo chiedono i giornalisti precari, su questo deve aprirsi una discussione a tutti i livelli, nelle istituzioni, a partire da quelle preposte, e nella società civile.
In Veneto, insieme al Sindacato, abbiamo aperto un tavolo di lavoro con l’Assessorato regionale al lavoro e all’istruzione, con l’Ordine regionale dei Giornalisti e l’Inpgi. Un primo passo, certo, ma almeno abbiamo intrapreso il cammino per provare a dare un futuro alla categoria e a Paola.
Il Direttivo di Re:fusi